Dell'originario assetto del giardino di Villa Emo non esiste alcuna testimonianza documentaria certa, se non una breve descrizione di Palladio stesso, all'interno del suo celebre trattato I Quattro Libri dell'Architettura, in cui l'architetto afferma: Dietro à questa fabrica è un giardino quadro di ottanta campi Trevigiani: per mezo il quale corre un fiumicello, che rende il sito molto bello, e dilettevole. Purtroppo in questa sommaria descrizione, egli non entra nel particolare, non spendendo parole sull’impianto, i percorsi, le colture arboree e floreali di questo giardino; tuttavia non significa che Palladio non fosse consapevole che, come scrive egli stesso altrove nel suo trattato, i giardini e i broli […] sono l'anima e il diporto della villa.
È importante ricordare che Palladio si comporta allo stesso modo con gli ornamenti, ovvero gli apparati pittorici e scultorei che decorano gli spazi interni delle ville e dei palazzi da lui costruiti. Egli ammette e legittima la decorazione, ricordandone la presenza ed elogiandone gli esecutori ma non la descrive mai. Pertanto possiamo ipotizzare che, come la decorazione interna è da Andrea Palladio autorizzata, purché non turbi il senso dell'ordine spaziale dell'edificio dell'architetto, ma semmai lo sottolinei; anche l'ornamento costituito dai giardini e dai broli fosse da lui ben accetto alla condizione di non interferire con la struttura volumetrica della fabbrica, né la sbilanci, né turbi il rapporto tra l'edificio con la morfologia dell'ambiente circostante in cui era inserito.
Il salto che Palladio attua è che le parti rustiche si legano al palazzo fisicamente, inaugurando un modo nuovo di tenere insieme i vari spazi dalle diverse funzionalità, e allo stesso tempo, instaurando un coerente rapporto con l'orditura del paesaggio preesistente, improntato sulla geometria indotta dal tracciato dell’antica della strada Postumia e da quanto rimaneva della centuriazione romana. Il centro di questo strutturato e complesso paesaggio è il salone centrale della villa, dalla quale fisicamente e visivamente, con due lunghi stradoni, uno a sud e uno a nord, si percepisce non solo la profondità del territorio agricolo che appartiene all'azienda, ma anche il senso compiuto della costruzione e la sua effettiva natura
La mappa di Antonio Calligaris datata 28 febbraio 1677, conservata nell’Archivio di Stato di Treviso, illustra la rete delle seriole della Brentella nel territorio di Fanzolo, indicando sia il punto di derivazione che il tragitto attraverso il brolo, e poi il modo in cui oltrepassa a tenaglia la villa per procedere oltre la strada che porta a Barcon, nei campi verso la strada Postumia. La mappa, allo stato delle conoscenze attuali, è la prima che riporti anche i due lunghi stradoni di Ca’ Emo a nord e a sud della villa, nonché le costruzioni realizzate probabilmente nel corso del secolo, davanti alla villa per i lavoratori e i contadini, ovvero quello che viene definito oggi come l’antico borgo.