Nonostante i numerosi dubbi e supposizioni sulle loro origini, quel che è certo è che gli Emo sono attestati a Venezia fin dal X secolo. Lo testimoniano documenti del 997 in cui si firmano ancora con le forme arcaiche di Aimos o Aemus. Ma la reale attestazione dell’avvenuta integrazione nella società politica e nobiliare veneziana accade esattamente tre secoli dopo nel 1297, in occasione della Serrata del Maggior Consiglio, dove furono una delle numerose famiglie che entrarono ufficialmente a far parte del patriziato veneziano, rimanendovi fino alla caduta della Repubblica nel 1797 e al conseguente scioglimento del governo aristocratico. La Serrata del Maggior Consiglio era un provvedimento con cui la Repubblica veneziana rese provvisoriamente ereditaria la carica di membro del Maggior Consiglio, massima istituzione della Serenissima a cui spettava l’elezione del doge. La legge, creata per escludere dal governo di Venezia le famiglie di più recente ricchezza, divenne in seguito permanente, anche se vi furono parziali aperture alle famiglie di recente nobiltà durante le più gravi crisi, come ad esempio dopo la guerra contro la Lega di Cambrai (1509-1517). Ciò fa capire come reale fosse già allora il prestigio della famiglia e il suo apporto alla vita pubblica delle istituzioni della Serenissima. Infatti, nel corso dei secoli, ben quattro furono i membri della casata ballottati al Dogado: nel Cinquecento un Leonardo e un Jacopo, nel Seicento un Francesco e nel Settecento un Giovanni. Altri invece furono investiti di cariche altrettanto importanti come: podestà, ambasciatori, provveditori generali e procuratori della Serenissima Repubblica.
Risale al XIV secolo l’approdo dei discendenti del ramo di San Moisé della famiglia veneziana, nell’entroterra veneto, con i primi acquisti di terreni nella podesteria di Castelfranco. Infatti, prima del 1446 esistono certamente già beni in loco, forse 200 campi, perché risulteranno defalcati dalle liste d’imposta provinciali in base ad una sentenza emanata in quell’anno. Ma è attorno alla metà del Quattrocento che l’interesse della famiglia Emo per l’investimento su queste terre muta. Infatti in quegli anni si intraprende l’irrigazione dell’arida alta pianura trevigiana compresa tra i fiumi Brenta e Piave, con la costruzione di un canale di approvvigionamento della Brentella che, derivando l’acqua dal Piave all’altezza di Pederobba, alimentava un’estesa rete di seriole, ossia canali secondari, tra cui quelli che servivano i mulini e i terreni che la famiglia Barbarigo possedeva a Fanzolo vicino a quelli degli Emo. Dal censimento delle proprietà dei forestieri nel territorio trevigiano svolto tra il 1452 e il 1453, risulta che Giovanni Emo (nato nel 1419 e figlio di Giorgio Emo tra i primi proprietari delle terre di Fanzolo), ha tra i possedimenti di Fanzolo 73 campi tra «arativi, piantati e mal vitigati, prativi e vegri non arativi», un fondo con «casa di coppi e una teza di paglia» dato in affitto e, soprattutto, una sua residenza di campagna descritta come «una casa murata da statio con stalle da cavalli per sua abitatione». Nel 1483 muore Giovanni Emo e l’eredità passa ai due figli Giorgio e Leonardo Emo.